1. |
L'Etterno Dolore
01:16
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2. |
Tra la Perduta Gente
03:30
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Qui si convien lasciare ogne sospetto;
ogne viltà convien che qui sia morta.
Noi siam venuti al loco ov'i' t'ho detto
che tu vedrai le genti dolorose
c'han perduto l'intelletto
Quivi sospiri, pianti e alti guai
risonavan per l'aere sanza stelle,
per ch'io al cominciar ne lagrimai.
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa
Questi sciaurati, che mai non fur vivi,
erano ignudi e stimolati da mosconi
e da vespe ch'eran ivi.
Diverse lingue orribili favelle
parole di dolore accenti d'ira,
voci alte e fioche, e suon di man con elle
facevano un tumulto il qual s'aggira
Elle rigavan lor di sangue il volto,
che, mischiato di lagrime, a' lor piedi
da fastidiosi vermi era ricolto.
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3. |
L'Acheronte
00:24
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4. |
Caron Dimonio
05:08
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Guai a voi, anime prave!
Non isperate mai veder lo cielo:
i' vegno per menarvi a l'altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e 'n gelo.
E tu che se' costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti.
Caron, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare.
Quinci fuor quete le lanose gote
Ma quell' anime, ch'eran lasse e nude,
cangiar colore e dibattero i denti,
ratto che 'nteser le parole crude.
Bestemmiavano Dio e lor parenti,
l'umana spezie e 'l loco e 'l tempo e 'l seme
di lor semenza e di lor nascimenti.
Caron Dimonio, con occhi di bragia
al nocchier de la livida palude
batte col remo qualunque s'adagia.
che 'ntorno a li occhi aveadI fiamme rote.
Poi si ritrasser tutte quante insieme,
forte, piangendo, a la riva malvagia
ch'attende ciascun uom che Dio non teme.
Come d'autunno si levan le foglie
l'una appresso de l'altra,
fin che 'l ramo vede a la terra
tutte le sue spoglie.
Quinci non passa mai anima buona;
e però, se Caron di te si lagna,
ben puoi sapere omai
che 'l suo dir suona.
Finito questo, la buia campagna
tremò sì forte, che de lo spavento
la mente di sudore ancor mi bagna.
La terra lagrimosa diede vento,
che balenò una luce vermiglia
la qual mi vinse ciascun sentimento;
e caddi come l'uom cui sonno piglia.
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5. |
Limbo
03:37
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Oscura e profonda era e nebulosa
tanto che, per ficcar lo viso a fondo,
io non vi discernea alcuna cosa
Quivi, secondo che per ascoltare,
non avea pianto mai che di sospiri
che l'aura etterna facevan tremare;
ciò avvenia di duol sanza martìri,
ch'avean le turbe, ch'eran molte e grandi,
d'infanti e di femmine e di viri.
Non lasciavam l'andar perch' ei dicessi,
ma passavam la selva di spiriti spessi.
Così andammo infino a la lumera,
parlando cose che 'l tacere è bello,
sì com'era 'l parlar colà dov' era.
Venimmo al piè d'un nobile castello,
sette volte cerchiato d'alte mura,
Questo passammo come terra dura;
per sette porte intrai con questi savi
Genti v'eran con occhi tardi e gravi,
di grande autorità ne' lor sembianti:
parlavan rado, con voci soavi.
Io non posso ritrar di tutti a pieno,
però che sì mi caccia il lungo tema,
che molte volte al fatto il dir vien meno.
La sesta compagnia in due si scema:
per altra via mi mena il savio duca,
fuor de la queta, ne l'aura che trema.
E vegno in parte ove non è che luca.
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6. |
La Selva de' Suicidi
00:55
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7. |
Le Brutte Arpie
03:37
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Non era ancor di là nesso arrivato,
quando noi ci mettemmo per un bosco
che da neun sentiero era segnato.
Non fronda verde, ma di color fosco;
non rami schietti, ma nodosi e 'nvolti;
non pomi v'eran, ma stecchi con tòsco.
Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno,
che cacciar de le Strofade i Troiani
con tristo annunzio di futuro danno.
Ali hanno late, e colli e visi umani,
piè con artigli, e pennuto 'l gran ventre;
fanno lamenti in su li alberi strani.
Allor porsi la mano un poco avante
e colsi un ramicel da un gran pruno;
e 'l tronco suo gridò: «Perché mi schiante?».
Uomini fummo, e or siam fatti sterpi:
ben dovrebb'esser la tua man più pia,
se state fossimoanime di serpi».
sì de la scheggia rotta usciva insieme
parole e sangue;
O anime che giunte siete a veder lo strazio disonesto
c'ha le mie fronde sì da me disgiunte,
raccoglietele al piè del tristo cesto.
Di rietro a loro era la selva piena
di nere cagne, bramose e correnti
come veltri ch'uscisser di catena.
In quel che s'appiattò miser li denti,
e quel dilaceraro a brano a brano;
poi sen portar quelle membra dolenti
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8. |
Gerione
02:51
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Ecco la fiera con la coda aguzza,
che passa i monti e rompe i muri e l'armi!
Ecco colei che tutto 'l mondo appuzza!».
E quella sozza imagine di froda
sen venne, e arrivò la testa e 'l busto,
ma 'n su la riva non trasse la coda.
Nel vano tutta sua coda guizzava,
torcendo in sù la venenosa forca
ch'a guisa di scorpion la punta armava.
La faccia sua era faccia d'uom giusto,
tanto benigna avea di fuor la pelle,
e d'un serpente tutto l'altro fusto;
due branche avea pilose insin l'ascelle;
lo dosso e 'l petto e ambedue le coste
dipinti avea di nodi e di rotelle.
Così ancor su per la strema testa
di quel settimo cerchio tutto solo andai,
dove sedea la gente mesta.
Per li occhi fora scoppiava lor duolo;
di qua, di là soccorrien con le mani
quando a' vapori, e quando al caldo suolo:
dal collo a ciascun pendea una tasca
e quindi par che 'l loro occhio si pasca.
così ne puose al fondo Gerïone
al piè de la stagliata rocca,
e, discarcate le nostre persone,
si dileguò come da corda cocca.
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9. |
Faticoso Manto
04:26
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Là giù trovammo una gente dipinta
che giva intorno assai con lenti passi,
piangendo e nel sembiante stanca e vinta.
Elli avean cappe con cappucci bassi
dinanzi a li occhi, fatte de la tagli
a che in Clugnì per li monaci fassi.
Di fuor dorate son, sì ch'elli abbaglia;
ma dentro tutte piombo, e gravi tanto
"O frati, i vostri mali!!!"
ma più non dissi, ch'a l'occhio mi corse
un, crucifisso in terra con tre pali.
Già veggia, per mezzul perdere o lulla,
com' io vidi un, così non si pertugia,
rotto dal mento infin dove si trulla.
Tra le gambe pendevan le minugia;
la corata pareva e 'l tristo sacco
che merda fa di quel che si trangugia.
La molta gente e le diverse piaghe
avean le luci mie sì inebrïate,
che de lo stare a piangere eran vaghe.
Qual è colui che suo dannaggio sogna,
che sognando desidera sognare,
sì che quel ch'è, come non fosse, agogna...
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10. |
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Vexilla regis prodeunt inferni
Lo 'mperador del doloroso regno
da mezzo 'l petto uscia fuor de la ghiaccia;
Oh quanto parve a me gran maraviglia
quand' io vidi tre facce a la sua testa!
Con sei occhi piangëa, e per tre menti
gocciava 'l pianto e sanguinosa bava.
Da ogne bocca dirompea co' denti
un peccatore, sì che tre ne facea così dolenti.
Sotto ciascuna uscivan due grand' ali,
quanto si convenia a tanto uccello:
vele di mar non vid' io mai cotali.
Non avean penne, ma di vispistrello
Vexilla regis prodeunt inferni
Lo 'mperador del doloroso regno
da mezzo 'l petto uscia fuor de la ghiaccia;
e più con un gigante io mi convegno,
che i giganti non fan con le sue braccia:
Vexilla regis prodeunt inferni
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KYTERION Calabria, Italy
Kyterion is an Italian black metal band born in 2015.
The artistic solidity of the project leads its member to
compose and record their first album: INFERNO I
The vocals are sung in XIIIth century Italian Vernacular; an element of authenticity for an all-Italian project. The nouns of the memebers of Kyterion are unknown, and so are their appearances.
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